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D.Lvo 18/08/2000 n. 258

c) per le zone dove non esistono sufficienti informazioni, mediante dati esistenti e/o rapidamente acquisibili e applicazione del metodo CNR-GNDCI, anche ricorrendo a criteri di similitudine.

3. Aggiornamenti successivi. L'indagine preliminare di riconoscimento può essere suscettibile di sostanziali approfondimenti e aggiornamenti sulla base di nuove indicazioni. tra cui, in primo luogo, i dati provenienti da attività di monitoraggio che consentono una caratterizzazione e una delimitazione più precisa delle aree vulnerabili. Con il supporto delle ARPA, ove costituite, deve essere avviata una indagine finalizzata alla stesura di una cartografia di maggiore dettaglio (1:50.000100.000) per convogliare la maggior parte delle risorse tecnico-scientifiche sullo studio delle zone più problematiche. Obiettivo di questa indagine è l'individuazione dettagliata della "vulnerabilità specifica" degli acquiferi e in particolare delle classi di grado più elevato. Si considerano, pertanto, i fattori inerenti la "vulnerabilità intrinseca" degli acquiferi e la capacità di attenuazione del suolo, dell'insaturo e dell'acquifero. Il prodotto di tale indagine può essere soggetto ad aggiornamenti sulla base di nuove conoscenze e dei risultati della sperimentazione. È opportuno gestire i dati raccolti mediante un sistema GIS.

7. Le amministrazioni possono comunque intraprendere studi di maggior dettaglio quali strumenti di previsione e di prevenzione dei fenomeni di inquinamento. Questi studi sono finalizzati alla valutazione della vulnerabilità e dei rischi presenti in siti specifici (campi, pozzi, singole aziende, comprensori, ecc.), all'interno delle più vaste aree definite come vulnerabili, e possono permettere di indicare con maggiore definizione le eventuali misure da adottare nel tempo e nello spazio. PARTE A III ZONE VULNERABILI DESIGNATE In fase di prima attuazione sono designate vulnerabili all'inquinamento da nitrati provenienti da fonti agricole le seguenti zone:

-quelle già individuate dalla Regione Lombardia con il regolamento attuativo della legge regionale dicembre 1993, n. 37;

-quelle già individuate dalla Regione Emilia Romagna con la deliberazione del Consiglio regionale del 11 febbraio 1997, n. 570:

-la zona delle conoidi delle province di Modena. Reggio Emilia e Parma.

-l'area dichiarata a rischio di crisi ambientale di cui all'articolo 6 della legge 29 agosto 1989, n. 305, del bacino Burana Po di Volano della provincia di Ferrara.

-l'area dichiarata a rischio di crisi ambientale di cui all'articolo 6 della legge 28 agosto 1989, n. 305, dei bacini dei fiumi Fissero, Canal Bianco e PO di Levante (della regione Veneto). Tale elenco viene aggiornato, su proposta delle Regioni interessate, sulla base dei rilevamenti e delle indagini svolte. PARTE A IV INDICAZIONI E MISURE PER I PROGRAMMI D'AZIONE I programmi d'azione sono obbligatori per le zone vulnerabili e tengono conto dei dati scientifici e tecnici disponibili, con riferimento principalmente agli apporti azotati rispettivamente di origine agricola o di altra origine, nonchè delle condizioni ambientali locali.

1. I programmi d'azione includono misure relative a:

1. 1) i periodi in cui è proibita l'applicazione al terreno di determinati tipi di fertilizzanti;

1.2) la capacità dei depositi per effluenti di allevamento; tale capacità deve superare quella necessaria per l'immagazzinamento nel periodo più lungo, durante il quale è proibita l'applicazione al terreno di effluenti nella zona vulnerabile, salvo i casi in cui sia dimostrato all'autorità competente che qualsiasi quantitativo di effluente superiore all'effettiva capacità d'immagazzinamento verrà gestito senza causare danno all'ambiente;

1.3) la limitazione dell'applicazione al terreno di fertilizzanti conformemente alla buona pratica agricola e in funzione delle caratteristiche della zona vulnerabile interessata; in particolare si deve tener conto:

a) delle condizioni, del tipo e della pendenza del suolo;

b) delle condizioni climatiche, delle precipitazioni e dell'irrigazione;

c) dell'uso del terreno e delle pratiche agricole, inclusi i sistemi di rotazione e di avvicendamento colturale. Le misure si basano sull'equilibrio tra il prevedibile fabbisogno di azoto delle colture, e l'apporto di azoto proveniente dal terreno e dalla fertilizzazione, corrispondente:

-alla quantità di azoto presente nel terreno nel momento in cui la coltura comincia ad assorbirlo in misura significativa (quantità rimanente alla fine dell'inverno) ;

-all'apporto di composti di azoto provenienti dalla mineralizzazione netta delle riserve di azoto organico presenti nel terreno;

-all'aggiunta di composti di azoto provenienti da effluenti di allevamento;

-all'aggiunta di composti di azoto provenienti da fertilizzanti chimici e da altri fertilizzanti. I programmi di azione devono contenere almeno le indicazioni riportate nel Codice di Buona Pratica Agricola, ove applicabili.

2. Le misure devono garantire che, per ciascuna azienda o allevamento, il quantitativo di effluente zootecnico sparso sul terreno ogni anno, compreso quello depositato dagli animali stessi, non superi un apporto pari a 170 kg di azoto per ettaro. Tuttavia per i primi due anni del programma di azione il quantitativo di effluente utilizzabile può essere elevato fino ad un apporto corrispondente a 210 kg di azoto per ettaro. I predetti quantitativi sono calcolati sulla base del numero e delle categorie degli animali. Ai fini del calcolo degli apporti di azoto provenienti dalle diverse tipologie di allevamento si terrà conto delle indicazioni contenute nel decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali di cui all'articolo 39, comma 2, del presente decreto.

3. Durante e dopo i primi quattro ami di applicazione del programma d'azione le Regioni in casi specifici non possono fare istanza al Ministero dell'ambiente per lo spargimento di quantitativi di effluenti di allevamento diversi da quelli sopra indicati, ma tali da non compromettere le finalità di cui all'articolo 1, da motivare e giustificare in base a criteri obiettivi relativi alla gestione del suolo e delle colture, quali:

-stagioni di crescita prolungate;

-colture con grado elevato di assorbimento di azoto, - terreni con capacità eccezionalmente alta di denitrificazione. Il Ministero dell'ambiente, acquisito il parere favorevole della Commissione europea, che lo rende sulla base delle procedure previste all'articolo 9 della direttiva 91/676/CEE, può concedere lo spargimento di tali quantitativi. PARTE B: ZONE VULNERABILI DA PRODOTTI FITOSANITARI PARTE B CRITERI PER L'INDIVIDUAZIONE

1. Le Regioni e le Province autonome individuano le aree in cui richiedere limitazioni o esclusioni d'impiego, anche temporanee, di prodotti fitosanitari autorizzati allo scopo di proteggere le risorse idriche e altri comparti rilevanti per la tutela sanitaria o ambientale, ivi inclusi l'entomofauna utile e altri organismi utili, da possibili fenomeni di contaminazione. Un'area è considerata area vulnerabile quando l'utilizzo al suo interno dei prodotti fitosanitari autorizzati pone in condizioni di rischio le risorse idriche e gli altri comparti ambientali rilevanti.

2. Il Ministero della Sanità ai sensi dell'art. 5, comma 20 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, su documentata richiesta delle Regioni e delle Province autonome, sentita la Commissione consultiva di cui all'articolo 20 dello stesso decreto legislativo, dispone limitazioni o esclusioni d'impiego, anche temporanee, dei prodotti fitosanitari autorizzati nelle aree individuate come zone vulnerabili da prodotti fitosanitari.

3. Le Regioni e le Province autonome provvedono entro un anno, sulla base dei criteri indicati nella parte BII di questo allegato, alla prima individuazione e cartografia delle aree vulnerabili ai prodotti fitosanitari ai fini della tutela delle risorse idriche sotterranee. Successivamente alla prima individuazione, tenendo conto degli aspetti metodologici indicati nella parte BIII, le Regioni e le Province autonome provvedono ad effettuare la seconda individuazione e la stesura di una cartografia di maggiore dettaglio delle zone vulnerabili dai prodotti fitosanitari.

4. Possono essere considerate zone vulnerabili dai prodotti fitosanitari ai fini della tutela di zone di rilevante interesse naturalistico e della protezione di organismi utili, ivi inclusi insetti e acari utili, uccelli insettivori, mammiferi e anfibi, le aree naturali protette, o porzioni di esse, indicate nell'Elenco Ufficiale di cui all'art. 5 della legge 6 dicembre 1991, n. 394.

5. Le Regioni e le Province autonome predispongono programmi di controllo per garantire il rispetto delle limitazioni o esclusioni d'impiego dei prodotti fitosanitari disposte, su loro richiesta, dal Ministero della Sanità. Esse forniscono al Ministero dell'Ambiente e all'Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente (ANPA) i dati relativi all'individuazione e alla cartografia delle aree di protezione dai prodotti fitosanitari.

6. L'ANPA e le Agenzie Regionali per la Protezione dell'Ambiente forniscono supporto tecnicoscientifico alle Regioni e alle Province autonome al fine di:

a) promuovere uniformità d'intervento nelle fasi di valutazione e cartografia delle aree di protezione dai prodotti fitosanitari;

b) garantire la congruità delle elaborazioni cartografiche e verificare la qualità delle informazioni ambientali di base (idrogeologiche, pedologiche, ecc.) .

7. L'ANPA promuove attività di ricerca nell'ambito delle problematiche relative al destino ambientale dei prodotti fitosanitari autorizzati. Tali attività hanno il fine di acquisire informazioni intese a migliorare e aggiornare i criteri di individuazione delle aree vulnerabili per i comparti del suolo, delle acque superficiali e sotterranee, nonchè degli organismi non bersaglio. Il Ministero dell'Ambiente provvede, tenuto conto delle informazioni acquisite e sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, ad aggiornare i criteri per l'individuazione delle aree vulnerabili. PARTE B II ASPETTI METODOLOGICI

1. Come per le zone vulnerabili da nitrati, anche nel caso dei fitofarmaci si prevedono due fasi di individuazione delle aree interessate dal fenomeno: una indagine di riconoscimento (prima individuazione) e un'indagine di maggiore dettaglio (seconda individuazione).

2. Indagine preliminare di riconoscimento Per la prima individuazione delle aree vulnerabili da prodotti fitosanitari si adotta un tipo di indagine, alla scala di 1:250.000, simile a quella indicata in precedenza nella parte A II di questo allegato.

2.1 La prima individuazione delle aree vulnerabili comprende, comunque, le aree per le quali le attività di monitoraggio hanno già evidenziato situazioni di compromissione dei corpi idrici sotterranei sulla base degli standard delle acque destinate al consumo umano indicati dal D.P.R. 236/88 per il parametro 55 (antiparassitari e prodotti assimilabili). Sono escluse, invece, le situazioni in cui la natura delle formazioni rocciose impedisce la presenza di una falda, o dove esiste la protezione determinata da un orizzonte scarsamente permeabile o da un suolo molto reattivo. Vengono escluse dalle aree vulnerabili le situazioni in cui la natura dei corpi rocciosi impedisce la formazione di un acquifero o dove esiste una protezio ne determinata da un orizzonte scarsamente permeabile, purchè continuo, o da un suolo molto reattivo.

2.2 Obiettivo dell'indagine preliminare di riconoscimento non è la rappresentazione sistematica delle caratteristiche di vulnerabilità degli acquiferi, quanto piuttosto la individuazione delle porzioni di territorio dove le situazioni pericolose per le acque soterranee sono particolarmente evidenti. Per queste attività si rinvia agli aspetti metodologici già indicati nella Parte A II di questo allegato.

2.3 Ai fini della individuazione dei prodotti per i quali le amministrazioni potranno chiedere l'applicazione di eventuali limitazioni o esclusioni d'impiego ci si potrà avvalere di parametri, indici, modelli e sistemi di classificazione che consentano di raggruppare i prodotti fitosanitari in base al loro potenziale di percolazione.

 

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